Il nostro itinerario si dirige queste settimane verso l’interno e dunque verso la parte più montuosa del nostro territorio. La prossima tappa è infatti Cingoli, piccolo abitato nella provincia di Macerata a 631 m sul livello del mare.
Il nome della città deriva dal latino “cingulum”, termine che significa “qualcosa che cinge” ed in effetti il borgo venne edificato al fine di circondare il monte su cui sorgeva. Secondo la leggenda locale il nome di Cingoli è invece legato a quello della Maga Circe, a cui è dedicata l’altura su cui sorge il borgo. La maga, secondo la tradizione, avrebbe gettato le basi del nucleo abitativo del borgo, dopo essere rimasta abbagliata dalla bellezza del luogo.
Annoverato tra i borghi più belli d’Italia, Cingoli si trova infatti in una posizione panoramica ottimale, che permette di ammirare il paesaggio degli Appennini ed in particolare il Monte San Vicino per spaziare poi fino all’Adriatico. Quest’enorme vista che Cingoli consente sul territorio le è valso il soprannome di “Balcone delle Marche”, poichè il tipico paesaggio marchigiano che dai monti si addolcisce nelle colline che poi degradano piano verso il mare è perfettamente visibile.
Oggi Cingoli conserva una cinta muraria medievale pressoché intatta e in estate è un paese particolarmente frequentato, grazie al suo clima sempre fresco e ventilato e ad un centro storico ricco di storia, arte e di angoli particolarmente silenziosi e suggestivi.

Una volta ammirata la bellezza del paesaggio marchigiano dal Balcone delle Marche si può facilmente accedere al centro storico di Cingoli e risalendo Corso Garibaldi si giunge al punto più alto della città, il Palazzo Comunale, che custodisce al suo interno una piccola perla artistica: la Sala degli Stemmi.
La Sala deve il suo nome alla presenza degli stemmi che sono rappresentati lungo il perimetro del soffitto e che rappresentano le famiglie che hanno governato Cingoli nel corso dei secoli fino al 1860. Tra queste spiccano in particolare due nomi: il primo è quello della famiglia Castiglioni, che diede i natali a papa Pio VIII, vescovo di Roma nella prima metà dell’Ottocento. Il secondo nome è invece quello dei Gentiloni, casato da cui discende l’ex presidente del consiglio Paolo Gentiloni, la cui famiglia era radicata nel territorio di Cingoli e Filottrano.
Lungo le pareti della sala ci sono numerosi affreschi di epoca medievale realizzati dagli artisti locali Salimbeni e Bellinzoni, ma la vera punta di diamante della Sala è il quadro che si trova in fondo alla stanza, la Madonna del Rosario di Lorenzo Lotto, ultima opera marchigiana del pittore. La scena mette al centro la Vergine, nell’atto di conferire un rosario a San Domenico affinché sconfigga l’eresia, mentre tra i presenti figura anche Sant’Esuperanzio, patrono di Cingoli che porge a Maria un modellino della città. La parte superiore è riempita da quindici medaglioni che, sullo sfondo di un roseto, rappresentano i misteri del rosario. Il pittore nella produzione dell’opera prestò molta attenzione ai dettagli, come si nota dall’abito ricamato di Sant’Esuperanzio e dai lucenti petali dei fiori.
Il principale esponente della famiglia Castiglioni di Cingoli è stato papa Pio VIII, nato nel paesino il 20 novembre 1761 e vescovo di Roma per un breve, ma significativo periodo, dal 31 marzo 1829 al 30 novembre 1830, giorno della sua morte.
Dopo aver studiato presso i gesuiti terminò i suoi studi a Bologna e poi a Roma e venne ordinato sacerdote nel 1785. A causa del suo rifiuto di prestare giuramento a Napoleone venne imprigionato in Francia, ma nel 1816, dopo la caduta di Napoleone I, venne ricompensato per la sua resistenza con la nomina a cardinale.
Durante il suo breve pontificato si occupò di abolire lo spionaggio e la pratica dello spionaggio che invece i suoi predecessori avevano adottato. Le sue idee liberali si manifestarono quando si schierò a favore della libertà di culto in Inghilterra, quando riconobbe come re di Francia Luigi Filippo I e quando si dedicò al problema dei matrimoni misti in Germania. Il suo sentimento di apertura non venne però apprezzato da tutti all’interno dello Stato della Chiesa, a tal punto che alcuni studiosi ritengono che sia morto a causa di un avvelenamento e non a causa della gotta come si è sempre detto. Le Marche furono però una tappa fondamentale nel corso della sua vita, dato che fu nella nostra regione che si sviluppò il suo percorso ecclesiastico. Nel 1790 divenne vicario generale di Fano, poi ricoprì la stessa carica anche ad Ascoli. Nel 1795 tornò a Cingoli e si dedicò alla storia della città scrivendo anche diversi saggi. Infine, ottenne la sua prima carica di vescovo a Montalto, piccolo comune di 2000 abitanti in provincia di Ascoli Piceno.

Poco fuori dalle mura di Cingoli scorre il fiume Musone, ed è sulle sue rive che molte persone si radunano, soprattutto d’estate, per godere del clima fresco e ventilato che caratterizza il territorio di Cingoli.
Tra i posti di maggiore interesse c’è il lago artificiale di Castreccioni, conosciuto anche come Lago di Cingoli, che è il più grande bacino artificiale delle Marche e dell’Italia centrale, nonché meta di rotte di tanti uccelli acquatici, a tal punto da essere Oasi Provinciale di Protezione Faunistica. La diga è stata creata al fine di contenere le piene del Musone, ma anche per ragioni di irrigazione. Oggi il lago è una meta molto adatta alle famiglie, sia per il parco avventura che sorge poco distante, sia per i percorsi in bici, in mountain bike o a piedi che si possono percorrere.
Altro luogo di attrazione sono invece le Cascatelle, originate dai cambi di livello del fiume Musone. L’acqua che scorre è di tipo A, perciò estremamente pulita e potabile. Le Cascatelle sono un vero e proprio punto di refrigerio dalla calura estiva, anche perché sono protette dagli alberi che circondano il lungo fiume.
Infine, anche la storia trova spazio tra le acque del fiume Musone e infatti, poco distante dalle Cascatelle, sorge il ponte dell’Intagliata, secondo alcuni di epoca medievale, anche se non si hanno certezze riguardo alla sua costruzione e nonostante tutti lo conoscano come Ponte romano. Il ponte apparteneva probabilmente ad una fortezza che correva lungo il Musone, dato che in questo territorio si trovava il confine tra il fronte longobardo e le terre bizantino-ravennati.